A Pastrengo la tavola rotonda promossa dalla Franchigia sullo "Sviluppo del giovane atleta"

8 marzo 2014

Con 3 relatori di eccezione, la sala civica del Comune di Pastrengo ha ospitato la tavola rotonda organizzata dalla Franchigia Parma sul tema "Lo sviluppo del giovane atleta". Di fronte ad un pubblico attento e partecipe, si sono alternati gli interventi di GIANGUIDO POMA (aspetti tecnici), ROSANGELA SONCINI (aspetti psicologici) e RICARDO ARRIETA (aspetti ludici). Tanti gli interventi che hanno arricchito la discussione con le esperienze vissute in campo. Alle numerose domande (sempre spinose) hanno risposto i tre ospiti raccogliendo il vivo apprezzamento dei presenti.

Una breve sintesi degli interventi della giornata.

Gianguido Poma

La cosa che forse appare più carente nel baseball italiano è l’organizzazione del lavoro e la pianificazione dei percorsi formativi, spesso impostati su base annuale e non invece, come necessario, pluriennale. Quasi come se la maturazione di un giovane atleta sbocci in una notte come i fiori, quando invece si tratta di un percorso complesso e prolungato nel tempo che necessita di costanza e pazienza.

Al fine di far progredire e garantire questo processo, la società - articolandosi come meglio crede - deve farsi coordinatrice a tutto campo dell’attività giovanile e rendere partecipi e consci i tecnici delle singole squadre. Sintetizzando quello che è il significato di un settore giovanile, possiamo dire che l’obiettivo è trasformare un bambino di 8 anni in un giocatore a 18. Le questioni intermedie sono secondarie.

Il primo fattore necessario per portare avanti questo tipo di lavoro è l’eliminazione della sterile valutazione agonistica e privilegiare invece gli aspetti che portano il ragazzo a migliorarsi e ad amare questo sport. Un ottima indicazione in questo senso è spostare l’attenzione delle squadre al gioco, almeno fino ai 13/14 anni,.

Altro fattore necessario è la condizione atletica. Troppo spesso il baseball italiano, quando si confronta con quello internazionale, risulta estremamente carente dal punto di vista della preparazione atletica, in tutte le categorie. Il riscontro del baseball internazionale ci dà una visione più ampia dell’approccio a questo sport e suona come campanello di allarme per tutti i tecnici che operano sul territorio con un monito: sviluppare le capacità motorie. Svilupparle a tal punto da rendere l’allenamento di squadra 50% tecnico e 50% atletico.

Non possiamo dimenticare che il nostro lavoro, in quanto organizzazioni sportive, è fondamentale. Molti di questi ragazzi non hanno altre occasioni di movimento al di fuori dei canonici allenamenti settimanali. E’ necessario esserne consapevoli e farsene carico, sviluppando anche il lavoro motorio di base per cercare di porre rimedio alla sedentarietà giovanile di questi tempi (il “campetto”, il “cortile” di qualche decennio fa è solo un ricordo). Non si vuole criticare “l’era moderna” ma solo prendere atto della realtà, cercando soluzioni adeguate ai nuovi modelli di vita. Tale concetto è riassumibile in: creare atleti, poi giocatori.

Il miglioramento fisico del ragazzo porta motivazione e gratificazione, sia a livello personale che nelle relazioni con gli altri. Da questo miglioramento ne conseguono anche enormi vantaggi per il lavoro tecnico, in quanto il processo di apprendimento del fondamentale (piuttosto che del gesto complesso) risulta più veloce e agevole in un individuo conscio del proprio corpo.

Per concludere il discorso dell’attività giovanile, è estremamente importante lavorare sui fondamentali. Consolidare il fondamentale di gioco è la base per lo sviluppo del giovane atleta. Non è indicativo essere in grado di girare il doppio gioco a 12 anni o fare fuoricampo a 11, se questo non è supportato da un lavoro tecnico mirato. Significa semplicemente non sedersi sugli allori delle limitazioni di categoria per sviluppare una squadra fenomenale nei ragazzi, che poi rischio di andare a perdersi nel corso del tempo.

Il mezzo per costruire tutto ciò è la costruzione di un programma di lavoro razionale che si basi su obiettivi valutabili a brevissimo, breve, medio, lungo e lunghissimo termine. Il vero traguardo del tecnico del settore giovanile non è, secondo noi, cucire uno scudetto sul petto o mandare i propri giocatori in azzurro, bensì verificare quanti giocatori sono arrivati alle categorie seniores, indipendente dal livello. Questo, tra le altre cose, dimostra tangibilmente il livello di passione verso il gioco che hanno saputo sviluppare nelle giovanili.

Lo sviluppo di questa passione per il gioco passa anche dall’evitare di legare, fin dagli albori della sua esperienza sportiva,  il ragazzo a “ruoli”, soprattutto prima di conoscerne lo sviluppo adolescenziale. Si può decidere di assegnare ad un ragazzo un paio di “ruoli” soltanto verso i 15 anni quando si intuisce già la conformazione fisica pressoché definitiva dell’atleta. Prima di quell’età, è consigliabile per il ragazzo lasciare aperto un ventaglio di 4/5 ruoli.

Un’altra prerogativa delle squadre giovanili è sviluppare un alto numero di lanciatori fin dai ragazzi. Troppi lanciatori raggiungono i cadetti con problemi fisici perché hanno sovraccaricato il braccio nelle categorie inferiori, costretti a lanciare tutte le partite. Avere un ampio ventaglio di lanciatori, per esempio 8, può essere un modo valido di sopperire a questo problema.

Un elemento nel rapporto con il ragazzo che potrebbe sembrare marginale ma non lo è, è la cura dei particolari, che possono essere estetici, di organizzazione e di preparazione. Il tecnico ricopre una delle primissime posizioni di riferimento per un ragazzo ed è dal tecnico che questi prende esempio, per cui è necessario agire di conseguenza. Non è un feticcio americano agire con professionalità, anche solo scrivendo il programma dell’allenamento, ma bensì denota l’impegno che si pone nello svolgimento di questa attività e i ragazzi, anche per questo, sono più inclini all’ascolto.

Un altro ingrediente fondamentale per lo sviluppo del programma di crescita di un giovane atleta, sono i genitori. La società deve far trasmettere e far comprendere ai genitori il percorso formativo pensato dalla società, chiedere la loro collaborazione e chiarire il ruolo del tecnico e il ruolo del genitore.

dott.ssa Rosangela Soncini

Fino a 14 anni, il ragazzo è motivato allo sport da bisogni di crescita:

  • Meno di 6 anni: interesse, fanno attività sportive per l’attività in sé e per sé, inclinazione al gioco;

  • Tra 6 e 12 anni: industriosità, ricerca di confronto e valutazione, “competizione”;

  • Tra 12 e 14 anni: identificazione, espressione del proprio talento;

  • Oltre 14 anni: indipendenza, ritagliarsi un ruolo sociale.

Vi sono due tipi di orientamento all’attività sportiva:

  • Orientamento al risultato/alla vittoria: bisogno di superiorità nei confronti degli altri, miglioramento limitato e in caso di insoddisfazione porta all’abbandono precoce;

  • Orientamento al compito: costante sfida nei confronti di sé stessi per la ricerca del miglioramento.

L’attività giovanile deve portare i ragazzi ad orientarsi al compito, quindi è fondamentale che la comunicazione dell’adulto sia mirata, per esempio premiando l’esecuzione tecnica piuttosto che il risultato in sé.

POMA: i ragazzi pongono attenzione sulla vittoria perché lo percepiscono dall’esterno, soprattutto dai genitori. Il tecnico, la società e i genitori devono comunicare in maniera ponderata. Tra l’altro il lavoro sul compito rafforza il gruppo lasciando in secondo piano le individualità.

E’ necessario parlare al ragazzo, renderlo partecipe del suo sviluppo, porgli domande concrete sul compito e sul suo svolgimento.

POMA: Sempre ragionando in un ottica di gioco, si vede troppo spesso in partita il tecnico imprecare per una giocata riuscita male, di cui lo stesso atleta è spesso ben consapevole. Dobbiamo gratificare maggiormente le cose fatte bene e minimizzare l’errore.

Non criticare l’identità, critica il comportamento. Un conto è dire “sei un cretino”, ben altra cosa “hai fatto una cosa cretina”.

DIBATTITO [...]

POMA: divertimento è cosa ben diversa dall’anarchia.

Ricardo Arrieta

Nell’approccio ludico al baseball, parlando in particolare del prebaseball, per massimizzare il processo di apprendimento, è necessario glissare sull’errore ma adottare un atteggiamento propositivo e spiegare come fare bene.

Per rendere proprio un movimento è necessario ripeterlo.

Il lavoro di sviluppo delle capacità motorie, deve dividersi in:

  • Capacità coordinative, sviluppate in ambiente ludico e ripetitivo

  • Capacità condizionali, del cui sviluppo è responsabile la creatività dell’allenatore.

Seguono esempi pratici.

ROSANGELA SONCINI , RICARDO ARRIETA e GIANGUIDO POMA

ANDREA BETTATI e ENRICO ZBOGAR fra il pubblico
ROSANGELA SONCINI psicologa dello sport ROSENGELA SONCINI e RICARDO ARRIETA
RICARDO ARRIETA ROSANGELA SONCINI , RICARDO ARRIETA e GIANGUIDO POMA